Risparmi, licenziamenti e soppressione di posti di lavoro. Alla SSR, e di riflesso alla RSI, da almeno un decennio con regolarità la dirigenza comunica annunci di questo tenore. Quale aria si respira tra il personale? La continua cura dimagrante è la risposta giusta a chi politicamente vorrebbe smantellare il servizio pubblico? Lo chiediamo a Riccardo Mattei, che da maggio ha assunto la carica di nuovo segretario del Sindacato svizzero dei media, sezione Ticino e Moesa.
Riccardo Mattei, iniziamo dalla fine, dall’ultima comunicazione di cinque licenziamenti e la soppressione di una quindicina di posti di lavoro nei prossimi due anni. Com’è l’ambiente in azienda?
Il personale è teso e preoccupato. La rassicurazione dei “solo” cinque licenziamenti, non consola. Sono persone, non numeri. Inoltre, quel lavoro oggi svolto nei quindici posti soppressi, sarà assunto da chi resta. Lo sanno per esperienza. Negli ultimi dieci anni, i posti cancellati sono stati un centinaio. Ciò ha comportato un sovraccarico di lavoro per altri, con i conseguenti rischi alla salute psicofisica delle persone.
Il personale cosa chiede alla direzione?
Tutela, rispetto e partecipazione. Solo il personale può garantire la qualità del servizio pubblico offerto, l’arma migliore contro chi vuole distruggerlo. Un personale frustrato, non potrà dare il meglio di sé a livello professionale. E l’apprezzamento dell’opinione pubblica, è l’arma migliore per contrastare gli attacchi.
A livello sindacale invece, come vanno le cose?
La negatività è controbilanciata da aspetti positivi, sindacalmente parlando. Nei numeri d’iscritti e nelle forze giovani che si avvicinano al sindacato. Essendo spesso presenti in sede, parlando col personale, si sente la passione per il proprio lavoro, la professionalità nel voler offrire al pubblico un servizio di qualità. Naturalmente, non mancano i problemi sul posto di lavoro. Ma l’attaccamento all’azienda è sincero e radicato. In passato, una forza non sempre valorizzata dalla dirigenza.
Alla RSI vi è l’annosa questione dei numerosi collaboratori esterni, non sottoposti al CCL interno, ma che di fatto lavorano con l’ente in maniera costante e prolungata nel tempo…
È un problema concreto e attuale. Al momento, nei piani di risparmio annunciati non c’è chiarezza su cosa accadrà a questa tipologia di lavoratori. Come sindacato, abbiamo creato un gruppo di esterni, finalizzato proprio a tematizzare la questione con l’azienda.
Come definirebbe i rapporti con la direzione?
Le relazioni sono generalmente buone. Quel che si può migliorare è la partecipazione del personale nelle scelte che ricadono su di esso. Dopo le nostre forti rimostranze, ci è stato garantito che dall’anno prossimo ci sarà maggiore coinvolgimento.
Da tempo la SSR è sotto attacco. La risposta della dirigenza è stata all’altezza?
Non sempre. Nel 2018, il popolo espresse sostegno e affetto al servizio pubblico radiotelevisivo bocciando col 71,6% di voti l’iniziativa “No Billag”. Il giorno dopo, l’azienda annunciò un piano di risparmi. Questa resta una ferita aperta per il personale.
Nonostante la vittoria popolare, una sorta di resa a un progetto politico che mira a indebolire il servizio pubblico…
Pensare di accontentare quella parte politica continuando a licenziare e risparmiare, è un’illusione. Loro non mirano a indebolire il servizio pubblico, vogliono distruggerlo. Per contrastarli, bisogna lavorare sull’affetto del pubblico, migliorando ulteriormente l’offerta. Bisogna rinforzare il servizio pubblico, non indebolirlo.
Veniamo al presente e all’immediato futuro. All’iniziativa UDC sul canone “200 franchi bastano”, il consigliere federale Albert Rösti (membro del comitato promotore dell’iniziativa) ha proposto la riduzione da 335 a 300 franchi del canone. La proposta è stata avallata dal governo e sarà promulgata sotto forma di ordinanza, malgrado in fase di consultazione sia stata bocciata dalla gran parte dei soggetti consultati.
La scelta governativa è antidemocratica. Con l’ordinanza si scavalca il dibattito parlamentare e s’impedisce alla popolazione di esprimersi col voto. Inoltre, vi è un secondo aspetto. L’ordinanza inciderà sul possibile controprogetto del Parlamento all’iniziativa sul canone a duecento franchi. Forzatamente, l’eventuale controprogetto proporrà una cifra inferiore all’ordinanza. Qualsiasi sarà la soluzione definitiva, sarà un duro colpo per le risorse della SSR e, di riflesso, per la qualità del servizio pubblico offerto.
Qual è il disegno di questa parte politica?
Credo sia duplice. Favorire il privato, i grandi gruppi mediatici e dell’intrattenimento soprattutto esteri, e cancellare il giornalismo indipendente dal mondo economico. Per sua natura, il giornalismo non è amato dal potere, perché lo mette in discussione. Molti politici, come dimostrano anche casi recenti locali, sono insofferenti a qualsiasi critica. Per questo è importante ribadire con forza la difesa dell’informazione del servizio pubblico.
“Il canone più caro d’Europa” è uno dei Leitmotiv dell’attacco alla SSR.
Sarebbe sbagliato banalizzare le difficoltà economiche di molte famiglie o dei singoli nel pagare i 335 franchi annui di canone. Vi è però da chiedersi quali siano le ragioni delle difficoltà economiche in cui versa una parte importante della popolazione. Tra gli elementi preponderanti, gli stipendi stagnanti da anni a fronte di premi malattia in costante aumento hanno contribuito notevolmente a indebolire il potere d’acquisto della cittadinanza. Col rispetto parlando però, non credo che una riduzione di quindici franchi o anche cento franchi all’anno del canone sia nell’interesse della cittadinanza per gli effetti nefasti che avrebbe su informazione e offerta mediatica, oltre alla ricaduta economica sul territorio. Detto questo, bisogna meritarsi questi soldi, dimostrando nei fatti di essere un servizio pubblico di qualità e in grado di rispondere ai molteplici bisogni della società.
Per mandato, la RSI deve essere generalista, non ricercare l’audience a tutti i costi. Una condizione che potrebbe prestarsi alla facile critica, del tipo “tanto non la guarda nessuno”.
Per rispondere, ricorro ad un esempio. Per un problema tecnico, non erano più fruibili online le puntate di un programma di divulgazione scientifica. La redazione è stata letteralmente subissata di richieste di docenti per poterle usare nelle lezioni. Altro esempio. I documenti audiovisivi che raccontano la storia sociale e culturale del nostro territorio, sono visualizzati da moltissime persone. Sono una preziosa testimonianza del nostro territorio. Sono entrambi esempi di programmi o prodotti che solo il servizio pubblico può offrire, poiché non basta guardare i freddi numeri di audience. Ma sono indispensabili alla società nel suo insieme, perché completano l’offerta verso tutti i tipi di esigenze del pubblico. Questa è la forza e l’importanza del servizio pubblico.